Underground metro station, Stockholm - photo by Sheviakova © 2021 AdobeStock
Mobilità, accessibilità, intermodalità
Un dialogo sui trend di oggi e domaniLa pandemia ci ha costretto a riflettere sulla rapidità con cui intere comunità possono cambiare le proprie abitudini. La mobilità pubblica è certamente uno dei fattori urbani che sono stati maggiormente influenzati da questo processo, tanto è vero che oggi non ha più senso parlare di stima della domanda di viaggio, ma semplicemente di analisi.
FLOWS ha avviato un confronto su questi temi con Manoj BS, Ricercatore presso l’Indian Institute of Technology, Lluis Martinez, PhD researcher di Mobilise presso la VUB (Vrije Universiteit Brussel), e Margherita Villani, Ingegnere che si occupa di pianificazione dei trasporti e di mobilità.
REDAZIONE FLOWS – Un hub di trasporto non è solo un luogo di scambio modale. Grazie alla sua posizione in punti cruciali delle città e al gran numero di persone che lo attraversano ogni giorno, è un oggetto urbano che può cambiare i comportamenti e le abitudini della comunità. Oggi, dunque, gli ingegneri della mobilità sono chiamati a progettare un luogo che non solo faciliti lo scambio modale, ma che incoraggi anche l’introduzione di comportamenti più sostenibili. In questo contesto, non possiamo dimenticare che un hub intermodale è un luogo per tutti. Per questo si parla di “Accessibilità per tutti”. Ma chi sono gli utenti deboli? Come si individuano le loro esigenze? E come se ne tiene conto in termini di progettazione?
LLUIS MARTINEZ – La progettazione delle strutture di trasporto ha tradizionalmente trascurato le esigenze degli utenti vulnerabili e svantaggiati che incontrano ulteriori difficoltà nell’utilizzo dei servizi di trasporto. Ad esempio, le persone con disabilità, i cittadini digitalmente esclusi o i bambini tendono a incontrare barriere che impediscono loro di utilizzare comodamente i servizi di trasporto necessari. Per superare questo problema, i pianificatori e i progettisti dei trasporti devono tenere conto delle esigenze degli utenti svantaggiati, imparando da casi di studio, buone pratiche e ricerche scientifiche. Tuttavia, per comprendere a fondo tali esigenze in un contesto specifico, gli utenti dovrebbero essere coinvolti nel processo adottando un approccio partecipativo. Come stiamo studiando nel progetto SmartHubs di Mobilise (VUB), si possono applicare diversi metodi a seconda dell’obiettivo e dei vincoli del progetto. Ad esempio, le interviste con gli utenti e i rappresentanti dei gruppi svantaggiati permetteranno di identificare le barriere. Altre attività, come focus group, interviste in strada, co-design games o workshop di valutazione, saranno utili per co-creare soluzioni efficaci.
MANOJ BS – Concentrandoci sulle esperienze e sulle esigenze degli utenti deboli, come progettisti dovremmo tenere in considerazione un’ampia gamma di tematiche, come l’età, lo stato di salute, il genere e la lingua. Sebbene siano stati compiuti progressi significativi, soprattutto in termini di miglioramento dell’accessibilità fisica dei trasporti, è necessario lavorare ancora molto sull’accessibilità digitale e sull’inclusività. Con l’obiettivo di soddisfare il problema dell’accessibilità universale, la progettazione degli hub di trasporto dovrebbe trarre vantaggio dalle tecnologie emergenti che promuovono una società priva di barriere e inclusiva: realtà aumentata, dispositivi indossabili e intelligenza artificiale possono dare spazio a molteplici soluzioni, migliorerando notevolmente la mobilità delle persone e la loro disponibilità a viaggiare.
“facilitare lo scambio modale, incoraggiando anche l’introduzione di comportamenti più sostenibili”
RF – La questione della ciclabilità è al centro della progettazione degli hub di trasporto. Solo per fare un esempio, l’accessibilità alle biciclette è al primo posto nella gerarchia delle esigenze da soddisfare nella progettazione delle stazioni italiane. Considerando, però, che ciò che viene progettato oggi sarà completato tra più di 10 anni, quali sono le sfide da affrontare per una buona progettazione? Quale metodologia possiamo mettere in atto per raggiungere gli standard del “design for all”? Quali esempi rilevanti?
MARGHERITA VILLANI – Il processo di pianificazione e progettazione della mobilità ciclabile in Italia è avviato da diversi anni. Sul territorio nazionale, l’attore principale nella gestione dei più rilevanti hub intermodali è senza dubbio il gruppo Ferrovie dello Stato, che ha da tempo innescato un processo di progettazione per incoraggiare e facilitare l’accessibilità ciclabile. Il Covid ha poi velocizzato la progettazione e la realizzazione di nuove infrastrutture e, conseguentemente, la domanda ciclabile ha subito un incremento tangibile, difficilmente prevedibile. Tale fenomeno è sintomatico del fatto che la domanda sia fortemente correlata alla disponibilità di infrastrutture e che, probabilmente, in Italia in questo particolare momento storico, c’è una quota consistente di domanda inespressa. Pertanto, è complesso stimare e prevedere la domanda del prossimo futuro e definirne una metodologia di stima. Ciò che invece è possibile attuare, è un’attenta osservazione dei fenomeni, basata, ad esempio, su quali siano le principali relazioni che interessano la mobilità ciclabile, i principali punti di interesse, tra cui vi sono certamente gli hub intermodali. Se dovessimo definire una metodologia, potremmo probabilmente seguire due aspetti importanti: analizzare e osservare l’esperienza dei Paesi in cui la ciclabilità è ad un livello più avanzato (ad esempio i paesi del Nord Europa), interessati pertanto da una rete più sviluppata e si potrebbe dunque lavorare per similitudine e/o benchmark; ed individuare soluzioni progettuali flessibili, in grado di evolvere e di rispondere in maniera dinamica alle necessità della società. Probabilmente partendo da qui e studiando i fenomeni attuali mediante i dati ricavabili dalle celle telefoniche, dalle app di monitoraggio o analizzando i dati derivanti, ad esempio, dal bike sharing, consapevoli però del fatto che la mobilità in sharing è una mobilità verosimilmente diversa da quella che interessa gli spostamenti sistematici, è possibile costruire una buona base di partenza. Grazie agli strumenti della pianificazione dei trasporti, primi tra tutti i PUMS, possiamo indagare quali siano i punti di interesse raggiunti in primis con il trasporto pubblico o con l’auto per gli spostamenti di corto raggio (entro i 4 o 5 km), ed effettuare un’analisi secondo cui si attribuiscano in modo esogeno quote dello share modale alla ciclabilità ed individuarne i fabbisogni. Nel caso della progettazione per la riqualificazione del nodo di interscambio di Piazza dei Cinquecento, il più importante hub intermodale in Italia, abbiamo raccolto le osservazioni suggerite dal gruppo FS e le linee guida del PUMS del comune di Roma, e, a partire da ciò, il nostro progetto si è focalizzato sulla realizzazione di un hub multimodale, interessato, oltre alla predisposizione di servizi di sharing orientati ad una mobilità lenta, alla presenza di un bike hub in grado di essere flessibile nella sua implementazione e capace di rispondere ed assecondare le future evoluzioni della domanda di mobilità.
LM – La bicicletta sta diventando sempre più importante in molti Paesi, superando l’immaginario precedente che la vedeva come un’attività di svago. Tuttavia, la maggior parte dei residenti urbani in Europa non vede ancora i benefici di questa modalità di trasporto sana e sostenibile. La principale ragione risiede negli ostacoli legati alla disponibilità e alla qualità delle infrastrutture ciclistiche, alla percezione della sicurezza, alle convinzioni personali e alle norme culturali. Questa “domanda inespressa” ha urgentemente bisogno di infrastrutture ciclabili affidabili.
Una delle sfide principali per i progettisti di strutture di trasporto e infrastrutture ciclabili è quella di vedere oltre l’utente “standard” e concepire soluzioni più inclusive che incoraggino tutti i cittadini a salire in sella a una bicicletta, indipendentemente dalla loro età, abilità e capacità ciclistiche. È quindi necessario comprendere le esigenze di tutti i ciclisti attuali e potenziali, ad esempio attraverso metodi partecipativi, come il design thinking. Presso Mobilise VUB abbiamo recentemente concluso uno studio in cui tutti i bambini di un quartiere di Bruxelles hanno partecipato alla co-creazione di diversi interventi di progettazione urbana per migliorare la loro sensazione di sicurezza durante il tragitto verso la scuola.
RF – La pandemia ci ha costretto a riflettere sulla rapidità con cui intere comunità possono cambiare le proprie abitudini. Oggi non ha più senso parlare di stima della domanda di viaggio, ma semplicemente di analisi. Come può l’ingegneria della mobilità rispondere a questi stimoli? E quali sono i metodi e gli strumenti disponibili per monitorare i cambiamenti e ottenere un feedback sempre più rapido a cui la progettazione della mobilità deve essere in grado di rispondere?
MB – Nonostante i metodi classici si concentrino su dati precisi a livello individuale, come le indagini sugli spostamenti e i censimenti della popolazione, è fondamentale comprendere il modello di mobilità a livello aggregato perché la pandemia colpisce il settore dei trasporti su una scala enorme. Per analizzare le tendenze della mobilità, gli ingegneri della mobilità devono raccogliere dati a livello aggregato, come i dati sulla mobilità della comunità di Google, i dati sulle tendenze della mobilità di Apple, i dati delle smart card del trasporto pubblico, i dati delle telecomunicazioni, i record dei social media geo-codificati e molto altro. Queste grandi quantità di dati vengono analizzate utilizzando tecniche all’avanguardia come l’intelligenza artificiale, machine learning e deep learning. I recenti progressi nell’uso di Big Data per analizzare meglio sia i comportamenti di viaggio che i modelli di domanda consentono ai pianificatori dei trasporti di calcolare e fornire feedback tempestivi agli scenari pandemici.
MV – Siamo di fronte ad un profondo cambiamento della nostra disciplina grazie alle varie tipologie ed alla quantità di big data, ed ancor più alle tecnologie per analizzarli che ci permettono di cogliere molto rapidamente i cambiamenti in essere nei travel pattern. La domanda di mobilità ad oggi cambia senza seguire dei trend previsionali; infatti, non è quasi più possibile prevedere, in maniera verosimile e fedele, un modal split per gli scenari futuri applicando i classici travel demand models. Oggi, grazie ai big data, possiamo e dobbiamo cogliere l’opportunità di pianificare e progettare orientando la domanda verso gli equilibri futuri desiderati, di cui è possibile monitorane le evoluzioni quasi in tempo reale. Di fatto siamo noi progettisti a dover guidare la domanda sfruttando tutte le informazioni che ora abbiamo a portata di mano. È inoltre fondamentale che, insieme ai transport planner, anche le amministrazioni e i principali attori interessati, raccolgano il maggior numero di dati e li analizzino accuratamente in modo da individuare ed agire sulle effettive necessità degli utenti in modo da offrire nuove infrastrutture ma soprattutto nuove opportunità.
