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La crisi pandemica come laboratorio per ripensare la mobilità
Trasporto Pubblico Locale e COVID-19L’effetto delle misure di contenimento sui trasporti
-95% ! è questo l’effetto causato sul numero dei passeggeri del trasporto pubblico dalle misure emergenziali adottate dal Governo italiano nella prima fase dell’epidemia da COVID-19. [1]
D’altro canto, non poteva essere diversamente in un momento di lockdown totale e l’Italia è stato il Paese che ha adottato la quarantena più lunga: 70 giorni, 85 giorni per le attività ritenute più a rischio.

Il distanziamento sociale ha percettivamente marchiato il trasporto pubblico come impuro: una sensazione che sta scemando ma che potrebbe ripresentarsi qualora ci fosse una nuova ondata epidemica (image by 123rf @2020)
Terminata la quarantena, secondo le disposizioni del Dpcm 26 aprile – e successive (numerose) modifiche, per i trasporti la Fase 2 si traduce nel mantenimento della distanza di almeno 1,5 metri tra i passeggeri: di fatto una riduzione netta del 70% della capacità di trasporto.
Nelle settimane a seguire, le norme per l’uso dei mezzi di trasporto vengono lentamente ammorbidite: la distanza minima indicata per la sicurezza si riduce a 1 metro e, dalla metà del mese di giugno, ASSTRA [2] chiede l’eliminazione delle misure di distanziamento, naturalmente ove le condizioni epidemiologiche lo consentano. Le province autonome di Trento e Bolzano sono le prime a riaprire l’accesso a tutti i posti disponibili sui mezzi di trasporto. Seguono [3] Veneto, Liguria, Emilia-Romagna e Sicilia. Anche nei trasporti pubblici di terra non si fa altro che seguire l’allentamento delle misure di distanziamento operato dal trasporto aereo che aveva sin da subito rigettato l’ipotesi di lasciare almeno una fila vuota ogni due file occupate. Misura che avrebbe reso di fatto finanziariamente insostenibile il viaggio di un aeromobile.
Su tutto il settore dei trasporti grava però il peso della perdita di passeggeri e al di là delle decisioni strettamente correlate al distanziamento sociale si sono attivati, come condizioni al contorno, una serie di fattori di condizionamento decisionale:
1) Il prezzo del petrolio è ai minimi storici.
Effetto finanziario: nel mese di maggio i futures sul WTI [4] hanno un prezzo negativo: in parole semplici, le scorte sono ai massimi storici e i produttori sono disposti a svendere pur di svuotare i propri depositi.
Effetto geopolitico: il Regno d’Arabia Saudita a partire dal mese di luglio , è stato costretto ad aumentare l’IVA dal 5 al 15% bloccando – per la prima volta da quando il Paese è divenuto un esportatore di petrolio – i sussidi ai cittadini nel tentativo di ridurre la spesa pubblica per contenere il divaricarsi del deficit di bilancio dello Stato.
Effetto locale: le imprese del trasporto pubblico hanno chiesto di sospendere gli obblighi relativi all’acquisto di mezzi ecologici di cui al Decreto MIT-MEF-MISE del 19 dicembre 2019 per l’attuazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile (PSNMS).
2) Il PIL 2020 è previsto contrarsi del 6-8% rispettivamente per Germania e Francia, dell’8 – 11,2 % per l’Italia. [ved. note a margine 5 e 6]
Con le migliori previsioni economiche che parlano “solo” di un rimbalzo parziale: nel 2021 PIL al +4/6%.

I rapporti di forza nel campo della mobilità sono un fattore tutt’altro che trascurabile
Il settore del TPL perde, in Italia, 130 milioni al mese: per il 2020 sarà necessario uno stanziamento aggiuntivo di 2 miliardi rispetto a quanto previsto nel DEF .
Il settore automotive soffre un crollo del 98%: i produttori chiedono un fondo salva auto di 3 miliardi e una revisione dell’ecobonus vigente attraverso l’introduzione della terza fascia (emissioni 61-95 g/km di CO2) e aumento degli incentivi unitari sulla seconda fascia (21-60 g/km CO2) con estensione del fondo al 2021.
Le dimensioni raggiunte complessivamente dal comparto della mobilità privata e quelle della mobilità pubblica non sono fattori da trascurare nella definizione di una agenda per la ripartenza. Ma soprattutto nella ripartizione delle risorse per recuperare il terreno perduto in questi mesi.
Innovazione (cum grano salis) e resilienza
La prima lezione impartita dall’epidemia da COVID-19 è che il trasporto collettivo ha bisogno di essere maggiormente modulabile e adattabile. Questo riguarda tanto le fasi straordinarie – come quella che stiamo vivendo – quanto le fasi ordinarie: si pensi al fatto che l’unica risposta al variare settimanale e stagionale quantitativo e qualitativo della domanda di viaggi consista esclusivamente nella rimodulazione delle frequenze. Dovendo mediare tra l’ovvia esigenza di contenere i costi, il trasporto pubblico locale è sempre compresso tra una offerta perennemente sottodimensionata nelle punte feriali e un servizio ridondante (pagando posti-km vuoti) – sempre e comunque poco attraente rispetto alle differenti esigenze dell’utenza – nelle fasce di morbida e nei giorni festivi.
Da modelli “tutto-o-niente” realizzati dallo Urban Mobility Lab del MIT di Boston, sappiamo che la totale sostituzione del trasporto pubblico locale (e del trasporto privato) in situazione di business-as-usual con flotte di mezzi a guida autonoma comporterebbe da un lato una drastica riduzione dell’incidentalità ma dall’altro un aumento dei veicoli in circolazione di un fattore compreso tra il 10 e il 20%. In modo del tutto naturale si riproporrà l’esigenza di aumentare la capacità delle tratte più congestionate tornando a sedi condivise: ci sarà l’esigenza di contenere i consumi energetici e l’impatto della mobilità, di sfruttare meglio gli spazi e quindi le sedi viarie. Il trasporto pubblico è quindi un bisogno naturale e continuerà quindi ad avere un futuro [7]: ma in quale forma?
Necessariamente sarà un trasporto pubblico diverso rispetto a quello a cui siamo abituati e l’esperienza della COVID-19 ci dice che dobbiamo anticipare i tempi di questa trasformazione. La sfida è quella di progettare un’offerta di servizio in grado di adattarsi a differenti scenari operativi siano essi ordinari (giorni feriali, giorni festivi, periodi non scolastici, presenza di manifestazioni importanti) che straordinari (epidemia come quella in corso, ma anche fluttuazioni improvvise dei costi del carburante con incremento della domanda sul trasporto condiviso, fasi meteo-climatiche avverse, ecc.). A questi scenari dovrà corrispondere una rimodulazione del servizio che sia anche fisica:
- rimodulazione transitoria della sede attraverso il sistema di telecontrollo della marcia e il controllo della semaforizzazione (corsia dedicata “immateriale”);
- rimodulazione del servizio con istituzione di corse “barrate” sulle tratte a maggiore domanda comunicate all’utenza in tempo reale attraverso i sistemi informativi alle fermate e in remoto tramite app brandizzata di fidelizzazione;
- ridefinizione dell’allestimento interno delle vetture vetture – che deve essere flessibile – con possibilità di ampliare gli spazi connettivi.

Spunti di riflessione per un diverso allestimento interno del mezzo pubblico, a prova di distanziamento
I momenti di crisi hanno sempre una doppia faccia: quella difficile della contingenza ma anche la speranza di un cambiamento. Costringendo a tirare il freno a mano sul business-as-usual serbano in nuce il seme di riflessione: se nutrito può fiorire in un confronto – certamente tutt’altro che facile – per costruire modelli di sviluppo meno distopici di quelli precrisi [8]. Modelli che in fondo hanno – più o meno direttamente – generato la crisi.
Abbiamo dato per scontati alcuni paradigmi che hanno portato a soluzioni tecniche che stanno generando problemi ai quali non pensavamo. Per esempio, la ricerca dell’accessibilità ha portato all’adozione del pianale completamente ribassato costringendo gli autobus a una architettura compressa e spesso incastellata (dei motori), che richiede una costante e attenta manutenzione. Ne è scaturita una maggiore propensione al rischio di incendio dei grassi accumulati ove non si arriva se non con braccetti meccanici per la pulizia ordinaria che prima era fatta a mano e una riduzione dello spazio utile a bordo.
Risultato: un vecchio Inbus 201 aveva scalini di salita e 92 posti effettivi (contando 4 passeggeri al metro quadro). Un moderno autobus urbano da 12 metri di lunghezza a pianale ribassato ha il 25% in meno di aperture per l’incarrozzamento e 75 posti effettivi (-20% circa). Ai sensi delle linee guida ministeriali per il trasporto in sicurezza della Fase 2, un Inbus 201 avrebbe potuto trasportare 25 persone, un moderno autobus 15 (-40%). Altro tema, il vecchio Inbus con i finestrini aperti garantiva un ricambio d’aria naturale di circa 0,30-0,50 mc/minuto (a pieno carico). Un moderno autobus ha ampie vetrature sigillate, consuma il 15% in più per l’impianto di trattamento aria e, in questo frangente, ha un problema visto che per evitare il ristagno del virus SARS-CoV-2 eventualmente presente in un ambiente chiuso è necessario un corretto e costante ricambio d’aria dall’esterno.

Il trasporto pubblico ha un futuro ma dovrà dimostrare di essere sicuro, accogliente e, non di meno, attraente (image by 123rf @2020)
Spunti per il futuro
L’emergenza creata dal nuovo Coronavirus sta mettendo a dura prova la resistenza dei sistemi locali di mobilità. Vale per le grandi e lungimiranti metropoli europee come anche per le più piccole città italiane. Alla fine, ne usciranno prima le città dotate di una governance che precedentemente era stata capace di creare una visione. Pianificazione e programmazione sono i soli elementi capaci di garantire una resilienza tale per affrontare tanto le debolezze strutturali tipiche di molte città italiane quanto le sfide di un mondo sempre più complicato: dalla COVID-19 alle richieste di un mercato globale che ha trasformato il vecchio confronto tra Stati in una koinè di città in perenne sfida le une con le altre per presentarsi come il posto più allettante dove aprire una nuova sede amministrativa, un nuovo punto vendita o un nuovo centro di ricerca.
In questo senso la Fase 2 può essere letta come una anticipazione del futuro: dobbiamo attendere il ritorno alla solita mobilità legata a due punte insostenibili e altrettante fasi di morbida non remunerative oppure possiamo strutturare una mobilità basata sulla complementarità degli orari? Dobbiamo spostarci tutti dappertutto oppure anche in Italia immaginare un “Piano-15” come quello che Anne Hidalgo ha proposto per Parigi con servizi pubblici essenziali entro 15’ di cammino o bicicletta per tutti gli abitanti.
È giunto il momento in cui l’Urbanistica (questa dimenticata) si riappropri degli strumenti della Pianificazione dei trasporti. Ed è proprio il caso di dire “se non ora, quando?“, visto che l’Italia attende una nuova legge urbanistica [9] dal 1942 ?
Note a margine
[1] Si vedano al riguardo i dati FCD resi disponibili da Google oppure da Apple
[3] La situazione aggiornata delle ordinanze regionali
[4] Il West Texas Intermediate o Texas Light Sweet, è il tipo di petrolio prodotto in Texas utilizzato come benchmark per la definizione del prezzo del petrolio sul mercato dei futures della borsa di New York.
[6] Stima della Commissione Europea di luglio
[7] Una domanda per molti tutt’altro che retorica. Sono in molti a chiederselo tanto che negli Stati Uniti stanno sorgendo dei gruppi per la sospensione dei progetti per tram e metropolitane a favore di incentivi per le auto del futuro:
[8] Un esempio lampante: il lockdown planetario (antropausa), potrebbe essere stato il più grande atto di conservazione faunistica mai compiuto dagli umani salvando milioni o forse miliardi di esemplari. Nel solo Nordamerica si stima che ogni giorno siano circa un milione gli animali uccisi sulle strade.
[9] Meglio, di governo del territorio
