“Quand je parle de complexité, je me réfère au sens latin élémentaire du mot “complexus”, “ce qui est tissé ensemble”. Les constituants sont différents, mais il faut voir comme dans une tapisserie la figure d’ensemble. Le vrai problème (de réforme de pensée) c’est que nous avons trop bien appris à séparer. Il faut mieux apprendre à relier.”
(Edgar Morin – Complexité des mondes et reliance entre les hommes – Les chantiers du DRH de demain)
La pandemia che recentemente ci ha colpito ha messo in evidenza caratteristiche e criticità del nostro mondo: un mondo incosciente di quanto esso sia estremamente connesso e della velocità con cui si producono gli eventi; impreparato a fare veramente rete; complesso nell’interrelazione che lega gli eventi, immaturo nell’uso dei dati; lento nell’offrire una visione strategica.
Riscontriamo queste criticità in maniera del tutto simile nel locale.
Le città e il territorio sono diventati degli organismi complessi che debbono essere in grado di evolvere con maggiore rapidità rispetto a cambiamenti sempre più veloci, di adattarsi e rispondere ai bisogni contingenti senza perdere tuttavia la propria identità.
In tale contesto è possibile tenere insieme la pianificazione con questo livello di complessità e di velocità? Come si fa a programmare il futuro sapendo che oggi non abbiamo tutti i dati per comprenderlo? A nostro avviso è possibile ma richiede un cambio di paradigma. É necessario introdurre il pensiero complesso nella pianificazione per permettere di avere una visione generale di un territorio e nello stesso tempo conoscere e dialogare con tutte le sue specificità; di accogliere l’incertezza del futuro all’interno di un disegno preciso e definito; vedere e capire allo stesso tempo l’arazzo, i fili e le connessioni tra di loro. Per fare ciò sono necessari:
- transdisciplinarietà, ovvero l’ibridazione delle conoscenze
- la co-creazione come metodo per creare valori condivisi
- l’accettazione dell’errore come elemento di processo essenziale
- l’uso di una logica non lineare e di strumenti evolutivi
Il design e l’architettura, che racchiudono la capacità di passare dall’unità al globale in modo del tutto simile al pensiero complesso, diventano delle discipline essenziali per questo processo in quanto in grado di visualizzare e organizzare le informazioni, le relazioni, per poi tradurle in una visione sistemica.
Questo tipo di approccio è quello che abbiamo adottato nell’affrontare il progetto del LAB EOLE.
Il progetto EOLE
Il progetto Eole prevede il prolungamento della linea RER E – il treno regionale che attraversa orizzontalmente Parigi e la connette con il territorio circostante- verso ovest con lo scopo di migliorare le esigenze quotidiane di spostamento dei viaggiatori nell’Ile de France. L’estensione della linea permetterà di unire direttamente i poli professionali della città di Parigi con il business district de La Défense e tutti i comuni del territorio circostante, facilitandone lo sviluppo lavorativo ed economico; faciliterà l’accesso al territorio nord di Parigi, alla Gare de l’Est e all’aeroporto Charles de Gaulle; insieme al Grand Paris Express contribuirà a ridisegnare la fisionomia del territorio metropolitano. La messa in servizio del progetto Eole è prevista per il 2022-2024.
Nel 2018 SNCF (Société Nationale des Chemins de fer Français), cosciente di essere un protagonista di primo piano di questo vettore di cambiamento e del ruolo chiave che avrebbe avuto per i cittadini di domani, decise di lanciare una riflessione su come innovare i servizi nelle stazioni, l’intermodalità e l’esperienza del viaggiatore.
IT’S è stata chiamata ad animare e coordinare questa riflessione indicando delle possibili soluzioni.
Il Lab EOLE
Il ruolo di una linea ferroviaria e delle sue stazioni oggi non è più solo quello di connessione tra luoghi diversi ma è quello di interfaccia principale con il territorio. Le grandi stazioni nei nuclei urbani ad esempio non sono più dei semplici erogatori di servizi di mobilità limitati al perimetro dell’infrastruttura. Sono diventati veri e propri hub di servizi il cui raggio di influenza si irradia per chilometri dentro il tessuto urbano. È chiaro che i soggetti coinvolti nel processo di innovazione delle stazioni non sono più soltanto le Ferrovie e i viaggiatori, ma tutti gli attori che interagiscono con questa interfaccia.
Come coinvolgere soggetti molto diversi in un processo così vasto? Quale può essere il ruolo delle piccole e medie stazioni della RER E che punteggiano un territorio così eterogeno composto da aree industriali, zone agricole, centri abitati piccoli, medi e grandi? Come fare a rispondere ad una questione così ampia come quella posta da SNCF che tocca design, architettura, pianificazione, servizi, economia, politica? Come dare delle risposte pertinenti a problemi così eterogenei?
L’innovazione è un processo a crescita esponenziale e il tasso di adozione di nuove scoperte raddoppia ogni decennio. Come proporre delle innovazioni che non rischino di diventare obsolete nel tempo della loro realizzazione o che possano mutare in funzione di condizioni totalmente impreviste, come ad esempio una pandemia o una crisi economica?
Questi ed una serie di altri interrogativi ci hanno posto davanti ad una sfida completamente nuova: progettare la gestione della complessità. La progettazione dei processi non è una novità nel campo del design che da più tempo si cimenta con questi temi, ma lo è per l’architettura. Di conseguenza abbiamo deciso di attingere a metodi e conoscenze provenienti dal design, dai settori del management, dell’economia e del digitale.
In primo luogo, abbiamo composto un’equipe transdisciplinare: Trivioquadrivio ed Elements, due società esperte in processi di innovazione agile, ingegnosità collettiva e coaching; Parallel Digital, il polo di IT’S specializzato in innovazione digitale. Coscienti dell’ampiezza della domanda, dell’eterogeneità dei temi da trattare e consapevoli che per produrre innovazione sia necessario prima di tutto costruire le condizioni ad essa necessarie, abbiamo deciso di non rispondere direttamente alla questione posta da SNCF ma di costruire un metodo in grado di generare risposte: il Lab Eole.
Il Lab Eole è stato concepito come un laboratorio di innovazione permanente composto da un’equipe, un metodo e uno strumento.
L’Equipe
L’equipe è stata immaginata come un sistema di nuclei concentrici:
- i rappresentanti SNCF di Eole, IT’S e i suoi partners.
- Un comitato scientifico composto da una rete di esperti in diversi settori
- Gli stakeholders
Al centro del processo c’è l’intelligenza collettiva e la co-creazione.
Per poter innovare e per rispondere a questioni molto complesse ed eterogenee sono necessari il coinvolgimento e l’ibridazione disciplinare.
La permeabilità di questo laboratorio a geometria variabile offre la possibilità a tutti gli attori di sentirsi direttamente implicati nelle attività di progetto e responsabili del risultato finale.
Il Metodo
Un processo per l’innovazione dei servizi della linea RER E richiedeva una metodologia nello stesso tempo agile e flessibile; capace di dialogare con i differenti soggetti implicati; in grado di adattarsi alla dinamicità delle situazioni economiche, sociali, tecnologiche e politiche. Per queste ragioni abbiamo abbandonato una visione lineare del processo in favore di una visione non-lineare e dinamica, in grado di adattarsi e apprendere nel tempo, più simile al funzionamento di una rete neurale.
Alla base c’è un processo iterativo e con logica incrementale Test&Learn volto a testare un’idea, un MVP (Minimum Viable Product) o un prototipo alla piccola scala, prevedendo il loro impatto prima di riprodurlo alla grande scala.
Questo processo è stato applicato alla costruzione del metodo stesso al fine di adattarlo e migliorarlo con l’avanzamento del processo stesso.
Lo Strumento
La questione più difficile in un processo di questo tipo è come organizzare una grande mole di informazioni e di dati per renderli intellegibili, analizzabili e comunicabili con semplicità.
Come trasmettere informazioni complesse a interlocutori molto disparati, dall’ingegnere di infrastrutture al politico, al cittadino? Come fare ad avere una visione sintetica e chiara del processo di innovazione e nello stesso tempo molto approfondita e dettagliata? E come rendere l’essenza di un processo dinamico come questo, che varia nel tempo e si sposta nello spazio quando tutti gli strumenti di comunicazione delle informazioni sono spesso statici (dossier, disegni, tabelle, power-points)?
Gli strumenti classici a nostra disposizione, anche per una semplice comunicazione, ci sembravano di colpo arcaici; non rispecchiavano la profondità e la ricchezza della realtà in oggetto. Come rendere tutto ciò misurabile e quantificabile in modo da offrire uno strumento di comparazione?
In nostro aiuto è arrivata l’intelligenza visiva e il design dei dati, ovvero la capacità di trasformare dati astratti in immagini immediatamente comprensibili a chiunque.
Abbiamo quindi immaginato uno strumento che potesse racchiudere tutte queste caratteristiche. Lo abbiamo immaginato come il computer di bordo di una macchina di ultima generazione, capace di restituire al guidatore informazioni complesse in modo semplice e sintetico dando la possibilità di passare dal generale allo specifico, dal macro al micro: il CIM – Complexity Information Modeling – una specie di BIM della complessità. È nata così l’idea di realizzare un navigatore digitale del Lab Eole in grado di mettere insieme cartografie, progetti, grafici e big data. Uno strumento allo stesso tempo di analisi, di co-creazione e di comunicazione.
Uno strumento in grado di adattarsi alla complessità del territorio e delle variabili ancora sconosciute, capace di separare e unire in maniera dinamica i fili di un arazzo in continua evoluzione.