illustrazione a cura di NET Engineering SpA - immagini originali tratte da freepik.com
C’era una volta il BIM
Le 7 cose che abbiamo imparato sul nostro modo di progettareLo scorso luglio, Simone Eandi, Direttore Tecnico di NET Engineering, ha tenuto un apprezzato intervento in occasione del seminario “Esperienze BIM per il futuro delle infrastrutture: la tecnologia al servizio della sicurezza”, organizzato da Nord_Ing in collaborazione con One Team con l’obiettivo di riflettere sullo sviluppo infrastrutturale italiano attraverso l’analisi delle politiche e dei progetti più interessanti in corso di realizzazione con metodologia BIM.
Riportiamo di seguito la prima parte dell’intervento, nella quale Eandi analizza i principali apprendimenti che il mondo dell’ingegneria ha raccolto in questi anni di utilizzo sempre più diffuso del BIM. Seguirà un secondo articolo incentrato sugli sviluppi e sulle opportunità che nuovi software e nuove tecnologie offrono al mondo della progettazione ingegneristica.
Tempo fa avevo detto che non avrei mai più partecipato a una conferenza sul BIM, perché pensavo che, nel 2019, parlare ancora di BIM sarebbe stato superfluo.
Invece, eccomi ancora qui a raccontare di questa metodologia e delle sue applicazioni. Questa volta, però, lo voglio fare attraverso uno sguardo particolare, che ci permetta di guardare il BIM e il mondo che vi gira attorno da un punto di vista differente: cambiare prospettiva, infatti, aiuta a cogliere nuove opportunità di crescita, sviluppo, innovazione.
Prima di concentrarci sulle possibili evoluzioni che girano attorno al BIM, credo sia fondamentale guardarci indietro e analizzare che cosa abbiamo imparato in questi ultimi anni, durante i quali abbiamo utilizzato questo strumento sempre più frequentemente e con un’intensità e una professionalità sempre maggiore.
1. Occhio al marketing!
Innanzitutto è necessario fare una distinzione tra ciò che è BIM e ciò che ci viene spacciato come la sua essenza: BIM non è solo Revit, Tekcla, Navigator, ma è anche Google Earth o Google Maps. Il BIM è una piattaforma fantastica, universale, che accetta ogni tipo di dato ed è facilissima da automatizzare. Anche il nostro odontotecnico, fin dagli anni ’90, utilizza qualcosa di simile al BIM: usava (e usa ancora) il laser scanner per farci l’impronta dentale e visualizzare il suo prodotto, ovvero la nostra arcata dentale, in un modello 3D che include i dati al suo interno.
2. Le situazioni che fanno male al BIM
Abbiamo imparato – come secondo punto – che vi sono alcune situazioni che fanno molto male al BIM e che, dal mio punto di vista, si racchiudono in due figure. La prima è quella che io chiamo “bimmizzatore”, ovvero colui che si propone nel mercato dicendo “Tu fai il progetto come vuoi, usa CAD, sviluppalo in 2D tradizionale, poi lo bimmizzo io”. Questa mi sembra una cosa aberrante, perché stravolge proprio il concetto alla base del BIM, ovvero il modellare mentre si progetta. Il secondo elemento è quello che io chiamo “machismo BIM”, cioè la tendenza a inserire elementi su elementi, che generano modelli sempre più complessi, difficili da maneggiare e pressoché inutili, perché alcuni dati potrebbe essere rappresentati in un’altra forma, per esempio con un dato numerico, una stringa di testo o una scheda allegata.
3. Capacità di muoversi trasversalmente al software
Abbiamo poi imparato che bisogna avere una grande capacità di muoversi trasversalmente ai software e saperne utilizzare più di uno. È, infatti, indispensabile capire quando è opportuno usare uno strumento e quando è necessario utilizzarne uno completamente differente. A volte serve uno strumento rapido, altre volte bisogna entrare nel dettaglio e quindi ricorrere a un software che mi permetta di avere – più lentamente – una raffigurazione più dettagliata.
4. Il Computational Design è il cuore per andare oltre
Il quarto punto che mi preme sottolineare è la potenzialità del computational design: tecnologie come il CAD o anche alcuni software BIM hanno modificato il nostro modo di progettare e hanno reso il processo più efficiente, ma non hanno rappresentato un vero e proprio cambio di paradigma.
Strumenti più evoluti, come quelli che arrivano dal computational design, potrebbero, invece, portare a ad una rivoluzione del processo stesso di progettazione.
5. Condivisione del dato: il cloud e i suoi nemici
La quinta cosa che abbiamo imparato ha a che fare con i dati e con la loro condivisione: il modo più efficiente, più rapido e probabilmente più economico per condividere i dati è il cloud. Ancora oggi il cloud trova difficoltà di diffusione a causa, per esempio, delle problematiche legate alla sicurezza, alla disponibilità e alla proprietà del dato, sbandierate come minacce incombenti dai reparti IT delle aziende. Si tratta di un atteggiamento certamente giustificato, ma che ostacola lo sviluppo del cloud e di una progettazione veramente integrata.
6. Le dinamiche cambiano
Il BIM, inoltre, incide non solo sul modo di progettare, ma anche sulle dinamiche interne al gruppo di lavoro: durante una riunione di coordinamento BIM, i ruoli non sono necessariamente così chiari come di fronte a una tavola cartacea, dove il direttore di progetto o il direttore tecnico indirizzavano i contenuti della riunione. Quando entra in gioco il BIM, sono gli specialisti del BIM che, manovrando il modello, guidano la riunione, pur non essendo necessariamente le persone con la competenza tecnica e progettuale maggiore.
7. La potenza non è nulla senza il controllo
Come diceva lo spot di una nota casa di pneumatici – e siamo all’ultimo aspetto che vorrei sottolineare – “la potenza non è nulla senza il controllo”: avere una montagna di dati non esime il progettista dalla necessità di capire il contesto, calpestare il terreno.
Si tratta di un elemento fondamentale; vedere dal vivo gli oggetti al centro dell’attività progettuale e il loro posizionamento all’interno dell’ambiente reale, osservare il contesto in cui si dovrà progettare, capire come è fatta l’infrastruttura esistente: sono tutti aspetti che non è facile cogliere attraverso un semplice rilievo o una nuvola di punti.
Inoltre, visitando dal vivo l’ambiente in cui l’opera dovrà essere realizzata, si potrà prendere nota di tutto ciò che il laser scanner non vede, come le dinamiche sociali o la complessità del territorio.
I 7 punti che ho appena riepilogato, ci aiutano a riflettere sugli errori da evitare nel futuro e ci possono guidare nel difficile compito di cogliere le nuove opportunità ed i successivi sviluppi che l’evoluzione tecnologica mette a disposizione della nostra professione, con la consapevolezza che sarà sempre più necessaria la capacità di guardare “oltre il BIM”…