“Rigenerazione e sviluppo di un ecosistema metropolitano” è il titolo della 3a edizione della Construction Conference appena svoltasi a Padova, l’appuntamento annuale dedicato alla filiera delle costruzioni, in cui imprese, mondo della progettazione e committenza si confrontano con le istituzioni sulle grandi questioni connesse alla trasformazione del settore.
Su questi temi abbiamo intervistato l’ing. Giovanni Battista Furlan, che è intervenuto tra i relatori dell’evento in qualità di Presidente del Gruppo NET Engineering International e di Vice Presidente OICE.
Quali sono gli elementi costitutivi del progetto che concorrono alla realizzazione di un’opera pubblica capace di diventare un lascito di valore per le generazioni future?
Per rispondere a questa domanda bisogna innanzitutto rivolgere lo sguardo indietro attraverso i secoli, addirittura i millenni, fino ad arrivare a Marco Vitruvio Pollione che intorno all’anno 15 a.C. ha codificato nel suo trattato “De Architectura” i tre principi fondamentali a cui deve ispirarsi ogni manufatto edilizio: Utilitas (funzione), Venustas (bellezza) e Firmitas (solidità). Ma negli ultimi decenni, pare che i progettisti moderni ne abbiano perso memoria.
Non è difficile portare qualche esempio:
- Sul tema della (mancata) Utilitas viene subito in mente un filmato divenuto virale alcuni anni fa, in cui dei ragazzi giocano a pallone su un’autostrada deserta. Un video che mette in luce il paradosso di un’infrastruttura costruita senza verificare a fondo i reali fabbisogni che doveva soddisfare.
- Inutile soffermarsi a lungo sulla Venustas: tutti noi abbiamo in mente ad esempio i numerosi ecomostri che hanno deturpato, spesso irreversibilmente, le nostre coste.
- Quanto alla Firmitas, sono ancora negli occhi e nelle coscienze di tutti le tragiche immagini del crollo di Genova, un caso tristemente emblematico dell’atavica mancanza di manutenzione e monitoraggio delle infrastrutture.
È davvero possibile rifarsi ancora oggi a dei canoni progettuali che risalgono a più di duemila anni fa?
Bisogna considerare che i princìpi della Triade Vitruviana sono una pre-condizione necessaria ma non più sufficiente per progettare e realizzare opere di valore.
Uno degli elementi che è opportuno aggiungere alla base del classico schema triangolare è il consenso degli stakeholder. È necessario operare un radicale cambio di paradigma: il progettista contemporaneo deve uscire dalla “torre d’avorio” in cui è sempre stato asserragliato, convinto detentore della “verità assoluta” e accettare osservazioni e critiche.
Il consenso va acquisito strada facendo, con pazienza ed umiltà, attraverso lo strumento del Dibattito Pubblico, evitando di cadere nella cosiddetta sindrome D.A.D. (Decidi, Annuncia, Difendi) e adottando piuttosto il metodo P.A.D.D. (Proporre, Ascoltare, Discutere, Decidere). Il coinvolgimento di tutti gli stakeholder deve portare ad una sorta di co-progettazione dell’opera, in cui tutti coloro che sono stati coinvolti a vario titolo possano vedere concretizzato il proprio contributo.
Altro elemento essenziale senza il quale l’equilibrio dell’intero schema rischia di essere compromesso è la sostenibilità economica, sociale e ambientale. Senza opportune garanzie di sostenibilità a tutela delle future generazioni, nessuna opera dovrebbe essere realizzata.
Ma allora, quali strumenti possiamo mettere in campo per acclarare la bontà di un progetto in un’ottica di sostenibilità e responsabilità nei confronti delle nuove generazioni?
Esistono strumenti efficaci che consentono di valutare quantitativamente ed ex ante la sostenibilità economica di ogni opera pubblica o infrastruttura (ma, naturalmente, sono altrettanto importanti le verifiche ex post):
- per le opere di nuova progettazione, il nuovo Codice Appalti ha introdotto uno strumento di vitale importanza, il Progetto di Fattibilità. Non più soltanto “Studio”, il Progetto di Fattibilità assomma in sé le caratteristiche di quelle che in precedenza era le due fasi di Studio di Fattibilità e Progettazione Preliminare, prevedendo approfondimenti e analisi quantitative fin dall’avvio della progettazione. Un interessante grafico che illustra le curve di valore delle diverse fasi progettuali, ci dimostra come sia auspicabile investire maggiormente in approfondimenti progettuali nelle fasi iniziali per ottenere un incremento del valore finale dell’opera, anche a parità di costi totali di sviluppo del progetto.
- per opere già progettate e magari anche avviate ma che si trovano in una fase in cui è ancora possibile intervenire con opportune modifiche, esiste invece lo strumento della Project Review, che consiste nell’applicare criteri di valutazione oggettiva a progetti osboleti concepiti decenni fa e che non hanno subìto alcuna verifica di fattibilità nella fase iniziale, con l’obiettivo di riportare l’opera ai suoi tratti essenziali. Gli attuali progressi tecnologici, sia nel campo dei materiali che delle tecniche costruttive, sono in grado di limitare i costi di realizzazione, eliminando le inutili ridondanze del progetto secondo un approccio improntato al lean design.
Torniamo al tema della manutenzione delle opere, che purtroppo è di drammatica attualità a causa del crollo seriale di numerosi ponti e viadotti: già negli anni ’50, il giornalista Leo Longanesi aveva avuto modo di affermare «Alle manutenzioni, l’Italia preferisce le inaugurazioni»…
È opportuno sottolineare che il canone vitruviano della firmitas, al giorno d’oggi non può che essere declinato come solidità e stabilità nel tempo: per questo, ogni opera deve essere nativamente e strutturalmente progettata per essere facilmente manutenibile, anche a costo di maggiori oneri iniziali. Il rispetto della firmitas impone la predisposizione di un accurato Piano di Manutenzione, che fin dalle fasi di avvio del progetto preveda l’esecuzione di un monitoraggio continuo (sia visivo che strumentale).
In sintesi, dunque, una moderna opera pubblica davvero “vitruviana” potrebbe avere una vita utile virtualmente eterna, diventando una preziosa eredità che si tramanda alle nuove generazioni e la cui demolizione / sostituzione può essere giustificata soltanto da un imprevisto cambio di funzionalità.
Non abbiamo più scusanti: siamo in possesso dei più sofisticati strumenti in grado di offrire il massimo supporto alle attività di manutenzione e asset management (come ad esempio il BIM – Building Information Modelling) e grazie anche all’impiego delle più evolute tecniche di program e project management è possibile progettare, realizzare e manutenere nel tempo opere pubbliche di qualità, in grado di coniugare principi antichissimi e sensibilità contemporanea.